Il pull down nasce con lo scopo di allenare i muscoli del gran dorsale. È catalogato come mono articolare perché l’unica articolazione utilizzata nel movimento e la spalla.
Viene considerato complementare ed utile sia sotto l’aspetto didattico che fisiologico, a patto che venga eseguito correttamente e si mantenga fede ai canoni per il quale è utilizzato.
Quali muscoli coinvolge il pull down
 Nella fattispecie dei casi viene il pull down è inserito nella programmazione con lo scopo di colpire in modo selettivo i muscoli della schiena ma è importante sapere che non sono gli unici protagonisti, ed infatti troviamo coinvolti anche i tricipiti e il pettorale.
Nel complesso è un movimento complesso e per facilitare la spiegazione lo dividiamo in due fasi distinte ma che amalgamate danno vita allo stimolo muscolare.
Durante la fase ECCENTRICA avviene un’abduzione dell’omero frontalmente, che proietta i gomiti distanziandoli dai nostri fianchi. Qui i muscoli del dorsale vanno in allungamento e come i muscoli del tricipite, permettono lo spostamento della spalla.
Nella fase di rientro o CONCENTRICA, il gomito si avvicinerà al bacino permettendo una contrazione selettiva dei muscoli più bassi della schiena e un ampliamento della cassa toracica con la conseguente espansione del muscolo pettorale. Non è da sottovalutare l’azione dei muscoli deltoidi posteriori che avranno una funzione quasi da protagonisti in gran parte del movimento.
Conosciamo meglio il pull down
 Il pull down può essere eseguito con la sbarra o con la corda. Indipendentemente dall’attrezzo che utilizziamo, l’esecuzione corretta prevede il posizionamento iniziale del busto leggermente inclinato in avanti.
Le scapole ricoprono un ruolo quasi di primaria importanza perché durante il movimento, soprattutto nella fase concentrica, devono posizionarsi in stato di adduzione e di depressione. Questa particolare attenzione permetterà di intervenire in maniera più selettiva con i muscoli sottoscapolari e attivare più fibre muscolari della nostra schiena. L’esercizio del pull down può essere eseguito sia in ginocchio che in posizione eretta.
In tutti i due casi la posizione del bacino deve essere in antiversione per preservare la fisiologica lordosi lombare. Nel caso in cui chi svolge l’esercizio ha uno schema corporeo alterato o i flessori della gamba troppo accorciati, la posizione eretta potrebbe risultare difficile da mantenersi e in questo caso conviene optare per la versione da inginocchiati. In tal caso è consigliato uno stretching sui muscoli femorali.
Se analizziamo invece la posizione eretta le ginocchia devono rimanere leggermente flesse per aiutare l’antiversione del bacino e portare al minimo il coinvolgimento dei muscoli ischio crurali.
La giusta esecuzione del pull down
L’esecuzione del pull down eseguito sia con la sbarra che con la corda, è un’estensione della spalla a rom completo, cioè il braccio dovrà estendersi il più possibile fino ad arrivare con il gomito vicino alle orecchie.
Una volta raggiunto il corretto assetto di partenza e aver posizionato il bacino in antiversione, il compito è quello di proiettare i gomiti, leggermente flessi per evitare tensioni particolari a livello legamentoso, verso i nostri fianchi. Per ottenere il massimo del risultato è importante che ragioniamo, durante l’escursione, di spingere le braccia verso il fianco, nel vero senso della parola. Per agevolare il rom d’esecuzione è consigliabile flettere i gomiti solo nella parte concentrica, e quando si giunge verso i fianchi, portare le scapole ad enfatizzare la chiusura l’una verso l’altra, ampliando la cassa toracica, credendo di proiettare i pettorali verso l’esterno.
Utilizzare un carico adeguato è consigliato perché nel momento in cui si adottasse un peso eccessivo insorgerebbe la fatica. Un errore comune è quello di chiudersi in avanti perdendo l’assetto scapolare. Questo rischio rende inefficace il movimento e diminuisce lo stimolo del gran dorsale durante tutto l’esercizio.
Considerazioni importanti sul pull down
Durante lo svolgimento del pull down l’utente inesperto tende a sentire lavorare molto i tricipiti. Considerando il fatto che negli ultimi gradi di estensione, il capo lungo del tricipite si attiva in maniera sostanziale e c’è da considerare che questa sensazione è dovuta anche per colpa di un’esecuzione errata. Come già spiegato in precedenza è necessario, imparare a concentrarsi sui gomiti e spingerli indietro immaginando di avere una resistenza posta dietro di essi.
Meglio evitare di pensare a tirate dai polsi, spingere indietro con i gomiti e percepire il lavoro molto di più sul ventre muscolare del gran dorsale e molto di meno sui tricipiti.
Un esercizio adatto a chiunque voglia implementare il proprio programma sulla schiena.
Lo si può inserire in abbinamento ad altri esercizi base, creando delle super serie mirate all’aumento del volume generale del nostro allenamento.
Adatto a creare stimolazione ipertrofica con ripetizioni che vanno dalle 4 alle 10, ma anche per raggiungere uno stimolo più metabolico grazie all’esecuzione di ripetizioni che possono variare dalle 15 alle 25.
Le schede per allenare la schiena
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